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Dulcis in fundo il tema della disobbedienza. Come evidenziato nell’introduzione, il mio intento, partendo dal concetto di trasformazione e di “caporalizzazione” è quello di portare la gente a riflettere e a riequilibrare l’atteggiamento generale tipico del mondo occidentale che verte su una cultura dell’obbedienza e su una visione disposizionalista del comportamento umano.
Da Erich Fromm (La disobbedienza) a Don Milani (L’obbedienza non è più una virtù) si alza a gran voce l’invito alla riflessione sull’utilizzo di un’obbedienza critica e di una disobbedienza prosociale contro i rischi di un’obbedienza cieca e di una disobbedienza antisociale.
Il capitolo rappresenta la summa dell’intero testo con qualche elemento di novità che attraversa elementi storici, religiosi e psicosociali. Grazie alla guida-Bìspuri viene affrontato il tema della disobbedienza attraverso le diverse maschere interpretate da Totò. In particolar modo: la marionetta si offre come spunto di riflessione passando per Collodi e Pasolini, mostrando come il bambino Pinocchio ha finito per diventare più burattino del burattino Yago interpretato da Totò ed il burattino Yago risulta più umano dell’umano Pinocchio. Pinocchio per probabili direttive editoriali e pressioni sullo scrittore Collodi si ritrova alla fine della storia a doversi conformare agli altri bambini e alla società contro un burattino surreale pasoliniano che riflette sul senso della vita. Nessuna maschera meglio del clown può rappresentare il rapporto d’autorità classicamente definito dal rapporto tra il clown Bianco e l’Augusto. Totò interpretava ambedue i ruoli forzando attraverso il gioco dell’identificazione proiettiva il compagno di turno nel ruolo dell’oppressore o dell’oppresso. Infine, attraverso la maschera dell’uomo qualunque si riprendono scene che richiamano alla storia, al rapporto con la politica e con le vicissitudini della Seconda Guerra Mondiale. Non si possono non considerare, quindi, gli sketch del wagon lit che “colora” emotivamente il film Totò a colori, così come la classica scena della pernacchia ne I due marescialli e della “carta bianca” ne I due colonnelli.
Ancora una riflessione etimologica ci porta a riflettere sul termine “obbedire”, un ob-audire che in latino indica un volgersi verso qualcosa, così come per converso la “dis-obbedienza” porta ad una direzione opposta. Termini di per sé neutrali, quindi, che assumono una valenza positiva o negativa in funzione della destinazione verso cui si è diretti. Un obbedienza che può essere cieca solo se diretta verso la legge di Dio come direbbe Don Milani ed una disobbedienza assoluta, verso cui “opporsi a tutto, a priori” come direbbe Totò quando l’autorità in questione è il re degli Inferi.

TOTO' A COLORI - L'ONOREVOLE COSIMO TROMBETTA

I DUE COLONNELLI - Io ho carta bianca...

I due colonnelli - Trama

Il film è ambientato a Montegreco, paese al confine tra la Grecia e l'Albania, teatro di numerosi scontri tra le truppe italiane e quelle britanniche. 
Il 23 luglio del 1943, il colonnello Henderson, maldestramente consigliato dai suoi collaboratori, abbandona la città ed ordina una ritirata strategica perché ritiene preponderanti le forze italiane, quando esse attaccano per l'ennesima volta il paese. Una volta entrato trionfalmente in città, Di Maggio instaura un regime dispotico e crudele.
Il giorno seguente un soldato italiano cattura casualmente Henderson, che aveva tentato di entrare nella dimora di Iride per recuperare la sua amatissima pipa: Di Maggio lo tiene di conseguenza come suo prigioniero e tenta di trattarlo in maniera non consona al suo grado di ufficiale, violando apertamente la convenzione di Ginevra; il suo atteggiamento astioso comunque si mitigherà leggermente quando scoprirà che il sergente maggiore Quaglia, suo sottufficiale, che era stato loro prigioniero ed al ritorno aveva narrato di duri maltrattamenti, era stato invece trattato benissimo dagli inglesi, ed aveva addirittura rubato la loro riserva alcolica, fuggendo ubriaco.
Il 25 luglio al comando italiano arriva via radio lo sconvolgente annuncio: il duce si è dimesso ed il re Vittorio Emanuele III ha affidato il governo al maresciallo Pietro Badoglio, che ha dato ordine di proseguire il conflitto a fianco dell'alleato germanico. Poco dopo, a seguito di leggeri scontri a fuoco, gli inglesi riconquistano Montegreco e stavolta è Di Maggio ad essere ostaggio di Henderson.
I due diventano amici, Henderson salva la vita al collega, vietando alla popolazione locale di linciare pubblicamente il colonnello Di Maggio: impossibilitato a trattenere i paesani, l'ufficiale inglese favorisce la fuga dell'ufficiale italiano, consegnandogli i suoi abiti e addirittura la pipa.

Travestito da ufficiale inglese, Di Maggio torna tra le sue fila (rischiando, tra l'altro, di venire quasi ucciso dai suoi soldati, che, visto il suo abbigliamento, lo scambiano per il comandante nemico). Venuto a conoscenza delle difficoltà militari italiane a contrastare il battaglione inglese, l'esercito tedesco, che ancora è formalmente schierato al fianco degli italiani, invia il maggiore Kruger, insieme con una fornitura di potenti e moderni mortai da guerra (i mortai loro, come li chiama Totò). L'ufficiale tedesco, tuttavia, tratta tutti gli italiani, ed in particolare il colonnello, con cattiveria e sufficienza. Di Maggio, inizialmente affascinato dall'efficienza germanica, benché conscio del cinismo del sistema nazista, in seguito, si ribella apertamente all'ordine dell'alleato di bombardare il paese per stanare gli inglesi (ciò avrebbe comportato la morte dei civili, soprattutto donne e bambini) e viene condannato a morte per insubordinazione da una corte marziale tedesca, giunta in paese con una piccola e ben armata pattuglia.
Di Maggio viene condotto sul luogo dell'esecuzione, chiede di poter comandare lui stesso il plotone d'esecuzione, ma i soldati si rifiutano di sparare e gettano i fucili.

leggi tutto (fonte: wikipedia)

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Passini S., Morselli D., Psicologia dell'obbedienza e della disobbedienza, Carocci, Roma 2010.

L’obbedienza ha sempre una connotazione positiva? Disobbedire è legittimo? E in quali casi? La disobbedienza, in quanto espressione della volontà di partecipare attivamente e criticamente allo sviluppo della società, è conciliabile con il principio di autorità e con l’organizzazione sociale? Il libro parte da questi interrogativi per indagare le relazioni che intercorrono oggi tra obbedienza e disobbedienza e analizzare alcuni degli aspetti psicologici e sociali coinvolti nella relazione tra individuo e autorità.

Fromm E., La disobbedienza e altri saggi, Arnoldo Mondadori, Milano 1982.

Nei saggi qui contenuti, Erich Fromm ha spiegato che cosa significhi obbedire alla natura umana e allefinalità della società umana, e disobbedire invece agli idoli e alle ideologie politiche d'ogni genere. La suaposizione teorica è ancora oggi di piena attualità: la disobbedienza al conformismo e un atteggiamentocritico nei confronti del comune “nonsenso” dovrebbero costituire tuttora il nostro obiettivo di maggiormomento. La profonda comprensione psicologica dei fenomeni sociali e politici ha indotto Fromm a farsi perqualche tempo sostenitore del Partito Socialista Americano (American Socialist Party) e a impegnarsi nel Movimento per la Pace e in iniziative per il disarmo. In questo contesto Erich Fromm ha praticatoconcretamente la disobbedienza, come egli la intendeva, nei confronti di tutte le forme di “comunebuonsenso” e il pensiero politico ufficiale, e in pari tempo l'obbedienza nei confronti di un modo di pensaresaggio, quale è stato trasmesso dai profeti e che ha trovato espressione a opera di uomini come AlbertSchweitzer e Bertrand Russell. Tutti gli scritti contenuti nel presente volume erano precedentemente apparsi in libri e periodici. Qui riuniti per la prima volta, comprovano le preoccupazioni e il profondo interesse di Erich Fromm per la pacee la sopravvivenza dell’uomo.

Fromm, E., Fuga dalla libertà, Mondadori, Milano 1994.

Ogni qualvolta ci sentiamo minacciati sviluppiamo reazioni principalmente basate sull’egoismo e sul desiderio di sentirci ‘potenti’.

«… la brama di potere non si fonda sulla forza, ma sulla debolezza. È l’espressione dell’incapacità dell’io individuale di reggersi da solo, e di vivere. È il disperato tentativo di acquistare una forza secondaria là dove manca la forza genuina».

Ma in fondo la verità è che siamo tutti sudditi di un’autorità anonima:

«[L'autorità anonima] ha assunto le sembianze del senso comune, della scienza, della sanità psichica, della normalità, dell’opinione pubblica. Non pretende nulla, se non ciò che è di per sé evidente».

«L’autorità anonima è più efficace dell’autorità palese, perché non si sospetta mai che ci sia un ordine che si è tenuti ad osservare».

Don Milani ricostruisce le vicende della storia d'Italia e delle sue guerre, mettendo in luce come la difesa della patria sia stata spesso il pretesto impiegato dal potere statale per commettere aggressioni, distruzioni e stragi. Per questa sua presa di posizione contro il militarismo statale don Milani fu denunciato all'autorità giudiziaria da un gruppo di ex-combattenti.

L'intervento di don Milani fu originato da un ordine del giorno dei cappellani militari in congedo che gettava disprezzo sugli obiettori di coscienza.